dal 12.03.2023 al 31.03.2023
Chiesa di Santa Maria in Cappella
Il 12 marzo 2023 alle ore 19.30 inaugura, all’interno di S. Maria in Cappella e nel salone-museo della Fondazione Francesca Romana, il progetto “Come un fiume d’acque celesti”: protagoniste questa volta saranno le storie raccontate dalla viva voce dei protagonisti nello stesso sito ove iniziò e che tuttora continua l’opera di S. Francesca Romana. Proprio in questa antichissima chiesa nel cuore di Trastevere, Francesca iniziò la sua opera volgendosi agli ultimi, i poveri, gli ammalati, alle persone ai margini della società, di cui nessuno si prendeva cura. Canonizzata nel 1608 da Paolo V con la bolla Caelestis aquae flumen (da qui il titolo), si vuole rendere omaggio a questa grande donna con una performance che mette al centro della scena, per una volta, proprio gli ultimi. Tramite le loro voci si entrerà nel vivo della carne piagata dalla solitudine, dalla malattia, dalla povertà.
Il progetto si struttura in un momento performativo, a cura di Stefano Sabene e Massimiliano Floridi, nel quale la musica sarà per una volta lontana dal centro della scena, e, provenendo da diversi punti della chiesa, farà da contrappunto all’avvicendarsi dei racconti (musiche di autori vari dal ‘400 all’800 eseguite da Luigi Polsini viola da gamba, Stefano Sabene traversiere, Franco Todde chitarra romantica); e in un momento espositivo attraverso il progetto fotografico “Gli ospiti” di Federica Sarto e Sofia Iacobini a cura di Patrizia Genovesi.
“Le fotografe entrano in una casa di riposo dove incontrano ospiti anziani. Alcuni di loro hanno perso la capacità di proiettarsi nel futuro. La mente, che ha la potenza di prefigurare il possibile ed escogitare il modo per realizzarlo, nell’anziano non sempre riesce ad assolvere pienamente a questa funzione. È naturale, quando davanti hai una strada e non ti funzionano le gambe temi di non poterla percorrere e dunque ti siedi. Eppure qui gli ospiti hanno trovato un approdo, nuovi amici che li riconoscono, una panchina che abitano insieme ai loro ricordi. Svelano un sorriso, un atteggiamento scontroso, un fare bizzarro, il loro mondo reale si mischia ad un mondo immaginario nel quale le fotografe entrano in punta di piedi: non definiscono, non giudicano, ascoltano, raccontano, sono disponibili, silenziose, sensibili, vitali. In un luogo abitato dall’arte e dalla storia, vecchi e giovani, ospiti e volontari si accompagnano vicendevolmente in un pezzo di strada il cui senso si compone percorrendola. Così è la vita. Fuggiamo tutti da un lontano big bang alla stessa velocità, recuperando la memoria di quando, un tempo, eravamo lo stesso impulso vitale, uniti in un istante denso e senza tempo. Ci moltiplichiamo, ci espandiamo, il vecchio si sintetizza nel giovane, uomo, animale, pianta. Dove resta una fotografia permarrà un ricordo, e ancora prima lo specchio di chi si guarda in queste immagini per contare i segni del tempo e riscopre la sua vanità, la sua ritrosia, entrambe segno di un volerci ancora essere e significare, e difendere la propria identità che oggi sai di possedere anche se nessuno ti riflette più. Le fotografe sono entrate nella vita delle persone ritratte lievemente, con delicatezza e rispetto. Loro sanno di essere, insieme agli ospiti, l’istante vivo dell’universo.” (dal testo di Patrizia Genovesi)
INFO
Come un fiume d’acque celesti
Storie, immagini, musica sulle orme di S. Francesca Romana
Progetto a cura di Stefano Sabene e Massimiliano Floridi
Con la partecipazione degli anziani dell’Ospitale S. Francesca Romana
Mostra fotografica “Gli ospiti” di Sofia Iacobini, Federica Sarto a cura di Patrizia Genovesi
Conduce Massimiliano Floridi
Musiche di Autori Vari dal ‘400 all’800 eseguite da
Luigi Polsini, Viola da gamba
Stefano Sabene, Traversiere
Franco Todde, Chitarra romantica
Festival Spiritualia 2023
In viaggio da Krónos a Kairós
Concerti, mostre, performance sulla spiritualità
Direttore artistico: Stefano Sabene
Con la collaborazione di: Roma Opera Omnia, Fondazione Santa Francesca Romana, Festival del Tempo, Farmacia Longo e Easy Farma. Media Partner: Panzoo
25 febbraio - 31 marzo 2023
Sedi varie - Roma - Ingresso gratuito
GLI OSPITI
Una mostra fotografica di
Federica Sarto e Sofia Iacobini
A meno che non mi sia persa per strada qualche concetto fondamentale, la parola “contemporaneo” ha un significato… temporale, non nasconde un’idea stilistica, né definisce un movimento.
Nell’uso comune, un po’ scanzonato, diventa a volte sinonimo di “non espresso”, di criptico.
Sembrano essere contemporanei in pratica quei concetti che ti rimangono nella penna, che non si esprimono totalmente, che non passano dal figurativo se non di sfuggita e comunque non celano mai in un senso univoco, come del resto succede per qualsiasi affermazione abbia una profondità superiore a quella di una tinozza.
Mai nulla è totalmente espresso o definito, anche le particelle elementari hanno bisogno di una misura per essere trovate nell’oceano del multiverso.
Orbene, contemporaneo è dunque quanto succede nel qui e ora di me osservatore.
Grazie, certo, mi dice un ragazzo, - ma ai tuoi tempi era diverso -
-Finché sono viva i miei tempi sono i tuoi tempi caro mio, perché io sono viva quanto te! - Rispondo vagamente risentita.
Forse, penso borbottando tra me e me, a furia di lasciare i concetti nella penna, nello “sguardo dello spettatore”, “nella mente di chi osserva” si sono ammuffiti, o banalizzati, o si sono proprio persi.
Le fotografe entrano in una casa di riposo dove incontrano ospiti anziani. Alcuni di loro hanno perso la capacità di proiettarsi nel futuro. La mente, che ha la potenza di prefigurare il possibile ed escogitare il modo per realizzarlo, nell’anziano non sempre riesce ad assolvere pienamente a questa funzione. E’ naturale, quando davanti hai una strada e non ti funzionano le gambe temi di non poterla percorrere e dunque ti siedi.
Eppure qui gli ospiti hanno trovato un approdo, nuovi amici che li riconoscono, una panchina che abitano insieme ai loro ricordi. Svelano un sorriso, un atteggiamento scontroso, un fare bizzarro, il loro mondo reale si mischia ad un mondo immaginario nel quale le fotografe entrano in punta di piedi: non definiscono, non giudicano, ascoltano, raccontano, sono disponibili, silenziose, sensibili, vitali.
In un luogo abitato dall’arte e dalla storia, vecchi e giovani, ospiti e volontari si accompagnano vicendevolmente in un pezzo di strada il cui senso si compone percorrendola. Così è la vita.
Fuggiamo tutti da un lontano big bang alla stessa velocità, recuperando la memoria di quando, un tempo, eravamo lo stesso impulso vitale, uniti in un istante denso e senza tempo. Ci moltiplichiamo, ci espandiamo, il vecchio si sintetizza nel giovane, uomo, animale, pianta.
Dove resta una fotografia permarrà un ricordo, e ancora prima lo specchio di chi si guarda in queste immagini per contare i segni del tempo e riscopre la sua vanità, la sua ritrosia, entrambe segno di un volerci ancora essere e significare, e difendere la propria identità che oggi sai di possedere anche se nessuno ti riflette più.
Le fotografe sono entrate nella vita delle persone ritratte lievemente, con delicatezza e rispetto.
Loro sanno di essere, insieme agli ospiti, l’istante vivo dell’universo.
Patrizia Genovesi
Direttrice Artistica
Assistente tecnico Alessandro Battaglia
Sofia Iacobini
Biografia
Sono Sofia, ho 22 anni, e sono laureata in Filosofia all’Università La Sapienza di Roma con una tesi in Estetica intitolata La visione fotografica come voce di una narrazione non dominante. Tina Modotti tra rappresentazione della tradizione ed emancipazione. La fotografia, infatti, sebbene una passione e non oggetto principale dei miei studi, mi ha sempre accompagnato in essi, oltre che nella vita – come uno sguardo particolare sul mondo in grado di metterne in questione l’apparenza e unità.
La mia passione per l’arte è stata alimentata dalla presenza in famiglia di un nonno pittore, e in particolare quella per la fotografia è nata da bambina osservando mio padre, anch’egli appassionato di fotografia, che in qualsiasi gita o viaggio – inseparabile dalla sua Nikon – ogni tanto mi concedeva l’onore di usarla.
Mi sono avvicinata alla fotografia da autodidatta, e nel 2018 ho partecipato ad un corso intensivo di iniziazione alla fotografia, e successivamente nello stesso anno ad un master più tecnico e approfondito, entrambi presso lo studio della fotografa Patrizia Genovesi a Roma. Nell’anno corrente ho frequentato diverse lezioni, tra cui Reportage e Street Photography, sempre con Patrizia Genovesi, con la quale ho collaborato per la presente mostra.
Come un fiume d’acque celesti
Passeggiando per Trastevere la fondazione e casa di riposo Santa Francesca Romana risulta quasi invisibile, camuffata nella struttura annessa alla Chiesa di Santa Maria in Cappella, il caratteristico palazzo ottocentesco progettato da Busiri Vici. Solo chi sa che c’è un mondo lì dentro potrebbe intuirlo, scorgendo, a certe ore del giorno, i suoi abitanti che escono in punta di piedi dal cancello in ferro che chiude il cortile antistante la chiesa e si addentrano nei soleggiati vicoli trasteverini. Se li conosci potrà capitarti di incontrarli, seduti al bar o che si aggirano indaffarati. Potrebbe capitarti che ti rivolgano un sorriso, e allora saprai, capirai che sei custode di un gran segreto – quello silenzioso celato in certi occhi dolci e pensierosi, quello indicibile scritto e incollato nei quaderni ingialliti e rilegati in pelle – delle storie d’amore e delle avventure spericolate che hai avuto la fortuna di ascoltare, delle risate e delle chiacchiere strappate sotto al sole nel giardino, e di un sorriso timido e buono che si affaccia alla finestra. Ma anche di un’inaspettata allegria e voglia di vivere, di incertezze silenzi e solitudine, di rancore e insofferenza, dell’amore consolante e assoluto per la squadra del cuore, e della semplice spontaneità che riveste e nasconde le complicazioni di un’esistenza.
Prima di entrare non mi aspettavo che la rigogliosità di quel giardino ospitasse una tale ricchezza di vite e di storie, che mi hanno affascinato e incuriosito. Realizzare questo progetto mi ha stimolato ad approfondire la conoscenza di queste persone e mettermi in gioco per raccontare un frammento della loro storia attraverso l’obiettivo della mia macchina fotografica, cercando di rendere uno squarcio dell’atmosfera che avvolge il posto e delle emozioni delle persone con cui ho interagito.
Grazie all’accoglienza delle volontarie della Fondazione e alla disponibilità e naturalezza delle persone che ho fotografato, ho trovato molto più di quanto potessi cercare, e questi scatti sono l’impronta delle mie percezioni, in un libero gioco di immaginazione e concetti.
Federica Sarto
Qualcosa su di me
Sono Federica, ho 42 anni e la macchina fotografica mi fa compagnia da almeno metà della mia vita. Non è stata subito consapevolezza di quello che sarebbe diventata in seguito la fotografia per me: un lavoro e una necessità più intima.
La voglia di studiare e di conoscere la fotografia a livello più esteso rispetto al mio bagaglio, sono arrivate tardi, ma per fortuna sono arrivate. Dieci anni fa mi iscrissi alla facoltà di Beni Artistici e dello Spettacolo di Parma e tra le materie d’esame una mi affascinò più di tutte: il cinema. Iniziai a guardare i film con occhi diversi: non solo a viverne la storia, ma ad osservare inquadrature, luci, atmosfera...
Così mi misi alla ricerca di un corso di fotografia cinematografica; sono stata fortunata, ho trovato quello di Patrizia Genovesi.
Ho seguito poi altri corsi con lei, sul bianco e nero e su come allestire e promuovere una mostra, portando a casa insegnamenti preziosissimi.
Quello con la fotografia è un lavoro che necessità una continua crescita, un continuo studio ed è fondamentale rimettersi spesso in gioco per mantenere viva la passione e stimolare la creatività.
Come un fiume d’acque celesti
Realizzare questo progetto è stato molto bello. Ho incontrato persone accoglienti e ho ascoltato le loro storie con una curiosità tale da riuscire a percepirne le emozioni quali gioia, affetto, gratitudine, ma anche malinconia, tristezza, incertezza. E anche quando la comunicazione con loro veniva meno, gli sguardi, i sorrisi e le relazioni che vedevo tra loro mi aiutavano a conoscerli. L’obiettivo è stato quello di creare delle immagini che raccontassero di loro e delle emozioni...quelle stesse emozioni che accomunano tutti noi. Tutto ciò è stato possibile grazie alla disponibilità e alla gentilezza del personale della struttura.