Narcisa Monni. Rosa Carne

dal 06.12.2023 al 21.02.2024

Galleria Eugenia Delfini

  • Autore/Autrice: Narcisa Monni
  • Curatore/Curatrice: Eugenia Delfini
  • Data Inizio: 06.12.2023
  • Data Fine: 21.02.2024
  • Dove: Galleria Eugenia Delfini
  • Indirizzo: Via Giulia, 96
  • Orari: martedì - venerdì 15-19, o su appuntamento
  • Ingresso: libero
  • Tel. / Mob.: 06 976 039 46
  • E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • Descrizione Evento:

     

    Galleria Eugenia Delfini è lieta di presentare Rosa Carne, la prima mostra personale di Narcisa Monni in galleria.

     

    Narcisa usa la pittura per raccontare la condizione umana. I suoi lavori sono piccoli dipinti realizzati con tempere a acrilici intervenendo su pagine di riviste recuperate nella casa d’infanzia o vecchie polaroid che danno vita a una sorta di romanzo storico-sentimentale della vita che abbiamo lasciato nel 2020.

     

    In mostra, una pittura giovane e spregiudicata che racconta la dimensione intima e quotidiana con gli accenti propri di quello che, forse, si potrebbe chiamare un “realismo esistenziale” del XXI secolo.

     

    NARCISA MONNI

    (b.1981 Alghero)

    Narcisa Monni vive e lavora a Sassari.

    Dopo essersi diplomata in grafica pubblicitaria e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Sassari, prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Sassari, dove ottiene il diploma in Pittura e si specializza successivamente presso la Facoltà di Architettura di Alghero in Interaction Design. Attualmente è docente di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Sassari.

    Dopo una serie di soggiorni a Londra e a Roma, torna a vivere a Sassari, dove a partire del 2010 ha contribuito ad animare il L.E.M. – Laboratorio di Estetica Moderna, raro esempio cittadino di galleria privata dedicata alla promozione dei giovani artisti.

    Narcisa usa la pittura per raccontare la condizione umana. I suoi lavori sono piccoli dipinti realizzati con tempere a acrilici intervenendo su copertine e pagine di riviste recuperate nella casa d’infanzia o vecchie polaroid che danno vita a una sorta di romanzo storico-sentimentale della vita che abbiamo lasciato nel 2020.

    Una pittura giovane e spregiudicata che racconta la dimensione intima e quotidiana con gli accenti propri di quello che, forse, si potrebbe chiamare un “realismo esistenziale” del XXI secolo.

    Il suo lavoro è stato esposto al Museo Nivola, Orani, Nuoro; MURATS Museo dell'Arte Tessile, Samugheo; Piscina comunale, Milano; Studio Stefania Miscetti, Roma; Studio Morbiducci, Roma;  EXMA - Centro Comunale d'Arte e Cultura, Cagliari; Palazzo Consiglio Regionale della Sardegna, Cagliari; Paggeria Galleria d’Arte, Sassuolo; Circoloquadro, Milano; Cittadella dei Musei, Cagliari; Marche Centro d'Arte, San Benedetto del Tronto; Padiglione Accademie, Biennale d’Arte, Venezia; Zelle Arte contemporanea, Palermo; Hyunnart Studio, Roma.

     

    La pittura come romanzo sentimentale

    di Nicolas Martino



    Realismo esistenziale del XXI secolo. Così ho pensato che si potrebbe definire il lavoro di Narcisa Monni, artista nata e cresciuta in Sardegna (Alghero, 1981) che dopo un periodo passato tra Londra e Roma ha deciso di tornare a vivere e lavorare nell'isola e più precisamente a Sassari dove insegna pittura all'Accademia di Belle Arti. E proprio in questa città del Capo di sopra (ovvero del nord della Sardegna) Narcisa è maturata artisticamente in un clima particolarmente vivace che negli anni Novanta ricordava, incredibile ma vero, la scena «acida» e post-punk della working class scozzese raccontata in quegli, tra gli altri, da Irvine Welsh e Alan Warner. 

     

    Un clima che si ritrova nell'immaginario evocato da queste opere – piccole tempere e acrilici realizzati su fogli di riviste e giornali, polaroid ritoccate e acrilici di grande formato realizzati su carta fotografica – che rimandano, però, anche a una particolare poesia delle piccole cose, decisamente intima e quotidiana. A vederli tutti insieme questi lavori – che come ricordavamo fanno parte di tre serie distinte – sembra quasi di trovarsi dentro un romanzo sentimentale e autobiografico in cui è possibile riconoscere le nostre forme di vita catturate nel trauma di una transizione che sospende tutti noi tra il non più e il non ancora. 

     

    Riconoscersi, quindi, come probabilmente si riconosce l'artista in questa sorta di auto narrazione che prende la forma di un'analisi individuale e collettiva. Gli amori e le amicizie, il sesso e la solitudine, le abitudini e la noia, sono i temi e i sentimenti di un mondo che l'artista ha provato a catturare durante i mesi della pandemia, quando reclusi nelle nostre case ci siamo improvvisamente trovati orfani di una vita che sembrava irrimediabilmente perduta. 

     

    Ecco allora che il materiale povero di riviste e giornali diventa supporto per salvare la memoria di un'esperienza fatta di corpi e passioni che nella loro concretezza resistono all'evaporazione digitale, così come le polaroid, fotografie istantanee legate alla dimensione intima e casalinga degli anni Settanta e Ottanta, l'età dell'infanzia per chi oggi ha un'età compresa tra i Quaranta e i Cinquanta. Polaroid che, non a caso, sono recentemente tornate di moda, come se la digitalizzazione del mondo provocasse come contraccolpo l'urgenza di una materialità necessariamente vintage. Ma non riusciremmo a capire fino in fondo il senso di questa mostra ‒ e del suo titolo «Rosa Carne», personaggio femminile che ci accompagna nei labirinti di questo viaggio domestico e alter ego dell'artista ‒, se non riflettessimo sul fatto che la terza serie di opere, quelle più recenti e di grande formato, rappresenta un «salto quantico» nella trama di questo romanzo per immagini. 

     

    Gli acrilici su carta fotografica (70x100 e 100x70) non sono «diversi» dagli altri lavori perché più grandi, ma lo sono in quanto figli dell'intelligenza artificiale di cui tanto si parla in questi ultimi mesi. A «creare» queste immagini è stata, infatti, un'intelligenza opportunamente informata dall'artista che è poi intervenuta con la pittura ad animare questi fantasmi artificiali. Se dunque consideriamo nella loro complessità tutte e tre le serie che compongono questa mostra, riusciamo a cogliere il senso «concettuale» di una narrazione che ha la sua origine in quella «nevrosi» temporale che si fa sintomo cardinale della nostra epoca. 

     

    Catturati nella paura per un futuro che incombe sempre più minaccioso (la tecnologia che sconvolge l'ordine naturale della nostre vite), e prigionieri della nostalgia per un passato che nel momento stesso in cui viene rimpianto si vuole però anche evitare che torni nelle sue forme peggiori (la peste non è mai sconfitta per sempre), siamo incapaci di vivere un presente che sfugge continuamente alla nostra presa e finiamo per essere inghiottiti nel vortice di una temporalità molteplice e paranoica. Non viviamo in nessun tempo nel momento stesso in cui sperimentiamo la contemporanea esistenza dentro temporalità differenti, prigionieri di un'incessante e sempre più veloce trasformazione del mondo e delle nostre vite. Del resto, stare simultaneamente nel mondo analogico e in quello digitale è un tratto tipico della generazione nata alla fine del secolo scorso.

     

    Ci si potrebbe allora stupire che Narcisa Monni, per esprimersi, utilizzi un mezzo «tradizionale» come la pittura. E invece proprio la pittura, che l'artista «usa» in maniera spregiudicata, si rivela un mezzo che riesce, con il suo calore, a cicatrizzare il trauma di una vita impossibile e sempre sull'orlo della paralisi e del congelamento. Una pittura liquida e veloce, giovane e attraente, che è allo stesso tempo sintomo di una generazione divisa tra due mondi e ancoraggio esistenziale dentro un processo di generale astrazione digitale. Se probabilmente è anche per questo che oggi la pittura sembra conoscere una nuova fortuna, senz'altro per Narcisa Monni, così attenta al titolo di ogni sua opera, questa pittura è una vera e propria forma di vita, e quindi un modo di stare al mondo. 

     

    Nicolas Martino è fondatore e editor della rivista «OperaViva Magazine», oltre a numerosi saggi in cataloghi e volumi collettanei, ha pubblicato: con Ilaria Bussoni, È solo l'inizio. Rifiuto, affetti, creatività nel lungo '68 (ombre corte, 2018), con Francesco Raparelli, L'intelligenza in lotta. Sapere e produzione nel tardocapitalismo (ombre corte, 2021), e ha curato la pubblicazione di testi di Franco Berardi Bifo e Toni Negri sull'arte e la critica contemporanee. Collabora al programma curatoriale della Quadriennale di Roma (2022-2024), ed è nella redazione del trimestrale «Quaderni d'arte italiana» (Treccani). Insegna Estetica nelle Accademie di Belle Arti di Sassari e Genova, e in NABA (Roma).

     

    Narcisa Monni, Eva voleva volare, 2023. Acrilico su carta, 28 x 19,5 cm, 45 x 35 cm con cornice. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    Narcisa Monni, La sala da ballo, 2023. Acrilico su carta, 28,5 x 20 cm, 45 x 35 cm con cornice. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    Narcisa Monni, Il passo di grazia, 2023. Acrilico su carta 27 x 19 cm, 60 x 40 cm con cornice. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    Narcisa Monni, Il canto del ridicolo. 2020. Acrilico su carta 26 x 20 cm, 60 x 40 con cornice. Courtesy Galleria Eugenia Delfini