dal 20.10.2021 al 31.10.2021
Lavatoio Contumaciale
Il 20 ottobre 2021 alle ore 18.00 si riaprirà, dopo il lungo periodo di chiusura dovuta all’emergenza sanitaria, il Lavatoio Contumaciale di Roma con la mostra “con Dante al Lavatoio Contumaciale” inserita nell’ambito della rassegna RAW - Rome Art Week 2021.
La mostra, che si pone nel filone degli eventi commemorativi per i 700 Anni dalla morte di Dante Alighieri è curata da Grazia Menna ed accompagnata da un testo critico di A. Stango col contributo di Fondazione Filiberto e Bianca Menna e l’ Associazione Culturale “Figurazioni”.
Vengono presentate in galleria le opere di: Franco Belsole, Teresa Bianchi, Maristella Campolunghi, Massimo Napoli, Franco Nuti, Ugo Piergiovanni, Patrizia Pieri, Maria Signorelli.
L’omaggio al Sommo Poeta avviene attraverso un dialogo tra le opere esposte, dialogo nel quale ogni autore , nel proprio stile che lo identifica nel panorama artistico nazionale, ha interpretato e declinato i concetti, le emozioni, le sensazioni che la Divina Commedia, ancora oggi con tutta la sua forza ed attualità, ci invita a considerare.
Testo critico
Cimentarsi con Dante in poesia sarebbe una sfida persa in partenza: tale è la sproporzione di mezzi tecnici, visione, circostanze storiche, che qualsiasi tentativo è destinato ad esiti sostanzialmente infelici. Se ne può certo imitare alcuni ritmi, come nelle serissime terzine di Pasolini o in quelle scherzose che generazioni di studenti hanno prodotto fra i banchi di licei e università; ma non si riuscirà ad avvicinarsi alla portata della sua opera.
Così lo constatava, in modo epigrammatico, Tommaso Landolfi nella sua tarda raccolta poetica
Il tradimento (Rizzoli, 1977):
l giorno in cui dovrai dire:
“Dante, non ho la tua forza”
Sarà il giorno più tristo
Dell’anima tua. Non si può partire
Se non certi di superare
Il maggiore di chi ci corre innanzi.
Tuttavia, ispirarsi alla sua opera è non solo possibile, ma sempre potenzialmente generatore di riflessioni profonde, vitali illuminazioni, sviluppi creativi; e questo non solamente in poesia, ma in ogni arte o altra attività dell’ingegno.
Che si abbia per Dante il rispetto filiale che chi parla Italiano deve al padre della nostra lingua o l’ammirato stupore per la grandiosità della sua opera, che si ragioni sul suo disegno umanistico o si vibri con lui dell’empatia per l’amore che i suoi Paolo e Francesca sanno trasmettere attraverso i secoli, ciò che ritengo sia bene evitare è relegarlo a una distaccata monumentalità. Va studiato, senz’altro: immaginare di cogliere la pienezza dei suoi significati senza adeguata attenzione al testo sarebbe improduttivo e meritevole della condanna che Dante assegna ai superbi (perdonabili, sì, ma solo dopo un lungo periodo di deambulazioni in Purgatorio ricurvi sotto un macigno). Poi, però, Dante è bene viverlo; e se ci accade di capire in cosa gli sia debitore il nostro animo si può magari provare ad interpretare alcuni aspetti della sua poetica con le capacità espressive di cui disponiamo.
Fra quanti hanno voluto cogliere l’opportunità di dedicare un’opera a Dante in questo settimo centenario della sua morte, gli artisti che espongono al Lavatoio Contumaciale mostrano un’ampia diversità di tecniche come di percezioni.
L’idea della “selva oscura” dove ci si smarrisce è resa da Franco Belsole con due fotografie che mostrano linee come in fuga di edifici del quartiere della Défense di Parigi – luogo, del resto, di sperimentazione urbana complessa, immaginato come ipermoderno negli anni Cinquanta del Novecento, cresciuto poi con alterne fortune e discontinua accettabilità e oggi ancora sede di cantieri per torri forse inutilmente alte.
Su una doppia suggestione procede l’elaborazione fotografica di Teresa Bianchi: la gattina nera della quale ha conosciuto dolore, tenerezza, serenità esercita il proprio fascino muovendo fra il campo rosso di una passione che è anche patire e quello di una destinazione celeste, per arrivare alla quale occorre percorrere il filo giallo che la circonda e rappresenta il regno intermedio della vita. Difficile staccarsi dal magnetismo di quegli occhi, luce profonda che può guidarci oltre il buio.
Una per ciascuna delle tre cantiche della Commedia sono le elaborazioni fotografiche di Maristella Campolunghi, che per indicarle sceglie tre vie di Roma. La “città dolente” è resa dall’effetto di fiamme e di vento gelido che amplificano le volute della scala esterna della torre idrica di Via Giolitti, luogo di uno straniante degrado; il selciato dell’Appia Antica è l’idea stessa del passaggio; il corpo pronto a risorgere verso il cielo stellato di una scultura di Via Giulia è la speranza di un paradisiaco Rinascimento.
Alla popolarità di Dante fa riferimento Massimo Napoli nel dedicargli la locandina di un immaginario film intitolato “Commedia”, disegnata a mano. Il ponte ne è simbolicamente l’elemento centrale, essenziale per ogni collegamento fra mondi. Da notare in particolare l’affidamento della regia a Brunetto Latini, di cui si cita “la cara e buona immagine paterna” riconosciutagli con affetto e stima da Dante.
L’allestimento di 34 schizzi su fondo nero (uno per ogni canto dell’Inferno), di cui quello più grande al centro mostra un abbraccio fra Dante e Virgilio, è l’idea di Franco Nuti, che indica la difficoltà delle relazioni interpersonali anche con i frammenti di specchi sparsi sul pavimento.
Non le tre cantiche, ma quattro momenti della vita di ogni essere sceglie con le sue delicate fotografie di alba, nascita, giorno e tramonto Patrizia Pieri, restituendo in quelle immagini e in quel viaggio le sensazioni e più ancora le spinte d’amore che avverte forti nella Commedia di Dante e percepisce nella natura, con un anelito a “uscire di sé” verso una dimensione divina.
Ugo Piergiovanni presenta una fotografia e propone una performance ispirandosi ai due “luoghi estremi” della Commedia, l’uno accessibile esclusivamente agli esseri conformi a purezza e santità, l’altro destinato a quelli “renitenti alla virtù”, intendendoli come metafora di attuali e del tutto terrestri criteri di ammissibilità.
Presenza rara in una mostra d’arte figurativa, i burattini di Dante e di Virgilio realizzati da Maria Signorelli sembrano infine pronti ad abbandonare la muta staticità in cui si trovano per ritornare protagonisti di una grande rappresentazione dell’Inferno, come hanno fatto già molti anni fa.
Avranno ancora movimento e voce, nella magia creativa di un’antica arte teatrale che alle altre arti si unisce per accompagnarci nella continua, vitale riscoperta del poema dantesco.
Antonio Stango